I Millennials e l’integrazione nelle nostre organizzazioni: riflessione di Andrea Servili

Millennials, croce e delizia. Come si stanno realmente integrando nelle nostre organizzazioni?

Il covid, lo smart working e la “nuova normalità”, che si verrà a consolidare, potranno essere un ulteriore stimolo per pianificare il nuovo modo di lavorare proprio partendo dalle loro esigenze e dal loro intuito?

Mi permetto di consigliarvi questo articolo, che reputo interessante, poiché riesce a sintetizzare i temi più rilevanti sui quali ci troviamo a riflettere spesso.

I millennials sono una risorsa enorme, ma non è semplice capire qual è il percorso migliore per attrarli, tenerli e farli crescere.

Ecco secondo me tre dei punti centrali dell’articolo e le riflessioni che vorrei condividere:
1. Punto focale su cui basare tutti gli altri ragionamenti: i millenials considerano il lavoro un “elemento centrale della propria vita”. 

Per lo meno quelli di talento, seri e volenterosi (e ce ne sono molti).

Capiscono che ci sono obiettivi aziendali, numeri ed economics, e che questi sono base fondante di qualsiasi azienda. È però la “Reason Why”, il valore ultimo, che l’organizzazione deve trasferire. Per loro questo è infatti un elemento centrale.

Per come viviamo Huware e cerchiamo di farla crescere, questo secondo me può essere accolto come un enorme stimolo e non una minaccia.

Siamo quotidianamente guidata da budget, vendite e obiettivi di breve, il che è sano e corretto (la pressione commerciale è una fonte di crescita indiscutibile), ma la salute dell’azienda nel lungo periodo si deve basare su una visione più ampia.

So che sto dicendo cose che possono sembrare banali, ma l’ossessione per il valore che generiamo e trasferiamo deve guidare per quanto possibile le scelte anche nel quotidiano, anche quelle difficili.

E i millennials ci possono sfidare e stimolare in questo.

Come poter alimentare questo “challenge” virtuoso?

Alcuni esempi semplici di quello che proviamo a fare in Huware:
  • Alimentiamo i valori di trasparenza e inclusione. Se un’informazione è riservata, va esplicitato (compresi management meeting). In alternativa, quell’informazione internamente può essere condivisa con tutti e a tutti i livelli;
  • Condividiamo la “selling proposition” con tutta la struttura formalmente 4 volte all’anno. Cosa stiamo proponendo al mercato, dove ci vogliamo differenziare, cosa è cambiato rispetto a 3 mesi fa, cosa dicono i clienti, quali sono i pillar e i numeri. Non è solo una “comunicazione”, ma l’obiettivo è quello di condividere e ricevere feedback costanti. Questo però è solo un pezzo dell’equazione, dobbiamo attivare canali per ascoltare il loro contributo e la loro “voce” ogni giorno:
  • Allochiamo una parte del tempo di tutti i giovani su almeno un progetto interno. Cerchiamo di rendere i progetti di sviluppo interno innovativi, interfunzionali, utili e formativi. Nel nostro caso, per prima cosa ad ogni progetto viene assegnato il nome di una canzone che meglio ne rappresenta l’obiettivo. Il titolo della canzone deve subito far capire quel’è il fine ultimo del progetto. Non lo troviamo? Impossibile, il progetto non è sufficientemente chiaro.
2. I millennials vanno stimolati con costanza.

Quello che notiamo è che sono disposti a tollerare organizzazioni meno strutturate (si adattano benissimo all’ottica agile), ma sono figli del loro tempo: vogliono imparare, velocemente, fare cose diverse, sentire che stanno crescendo.

E in questo percorso di crescita hanno un ottimo grado di autonomia, ma si aspettano feedback frequenti e costanti.

Sappiamo che non è sempre facile accontentare questa esigenza, anche perché sembra cozzare con il concetto di redditività che ci si aspetta da un profilo Junior (soprattutto in consulenza).

È giusto prodigarsi per non farli annoiare? Oppure sarebbe meglio, anche e soprattutto per loro, abituarli ai vecchi concetti di gavetta e lavori routinari che fanno crescere?

Noi proviamo a stimolarli e contestualmente ad integrarli con le logiche aziendali con questi accorgimenti organizzativi:

  • responsabilizzazione: dove possibile massima autonomia ai giovani, senza la paura di sbagliare: FAIL FAST.
  • organizzazione matriciale: i giovani lavorano su più progetti, che hanno caratteristiche e metodologie differenti; in ogni progetto non si prescinde però da professionalità ed eccellenza;
  • formazione: il loro percorso di formazione è costantemente affiancato al lavoro sui progetti (ci sono centinaia di fonti di formazione e informazione ottimi e a basso impatto $). Il percorso viene deciso insieme, e spesso i corsi e le fonti di formazione sono proposte proprio da loro.
3. I millennials non cercano un capo, ma una guida. 

Questa è la sfida più grande, che si deve allineare al vostro stile di leadership.

Quello che proviamo e che vorremmo fare, è un Mentoring a due vie: prendersi la responsabilità di diventare e essere un mentor per i giovani, ma avere anche la sensibilità, l’apertura mentale e la voglia di mettersi in gioco e usare gli stimoli dei millennials per imparare, crescere e migliorare noi stessi e di riflesso la nostra azienda.

I pranzi, i One-to-one (anche informali) e le semplici chiacchierate, possono essere utili in questo senso.

 

Riflessione di Andrea Servili, founder & partner Huware.